Cos’è
Il linfoma di Hodgkin è un tumore maligno del sistema linfatico ed è una delle forme più curabili di cancro. Il LH non è una malattia ereditaria, anche se in casi molto rari è stata riscontrata una familiarità.
Diffusione e fattori di rischio
È un tumore relativamente raro, rappresentando lo 0.5% delle neoplasie ed il 15% dei linfomi. Colpisce prevalentemente gli adolescenti e i giovani adulti ed è più frequente nel sesso maschile rispetto a quello femminile. Non è nota la precisa causa scatenante del LH anche se il virus di Epstein-Barr (EBV), che causa la mononucleosi infettiva, è stato associato a un rischio aumentato di sviluppare la patologia. Però, più della metà dei pazienti con LH non ha evidenza di infezione da EBV, quindi la relazione non è chiara.
Sintomi
Il LH può essere diagnosticato in seguito al riscontro occasionale di uno o più linfonodi di dimensione aumentata (linfoadenopatie), in assenza di sintomi; oppure presentarsi con sintomi quali febbre ricorrente, sudorazioni notturne, perdita involontaria di peso (sintomi B), astenia e prurito generalizzato.
Questi sintomi sono frequenti anche in altre condizioni, come le infezioni virali, ed è quindi fondamentale un’accurata visita medica per arrivare alla diagnosi. In genere, nel LH le linfoadenopatie non sono dolorose, sono dure e fisse rispetto ai piani sottostanti; le sedi più frequentemente coinvolte sono il collo e le ascelle. Non raro nel LH è il coinvolgimento del mediastino (che è lo spazio nel torace tra i due polmoni) che, se di rilevante entità (bulky mediastinico) può provocare tosse, difficoltà respiratorie e sintomi da compressione dei vasi venosi.
Diagnosi
La diagnosi di LH è posta tramite biopsia ed esame istologico di un linfonodo interessato. La cellula peculiare del linfoma di Hodgkin è la cellula di Reed-Sternberg, o cellula di Hodgkin. La caratteristica del LH è la presenza all’esame istologico di una ricca rete di cellule di accompagnamento nel contesto di una piccola quota di cellule di Reed-Sternberg; ciò è determinato dalla produzione da parte della cellula tumorale di molecole che stimolano la migrazione di cellule reattive/infiammatorie.
Altri esami da eseguire alla diagnosi sono: esami ematochimici: emocromo, esami di funzionalità epatica e renale, VES, LDH; TAC del collo, del torace e dell’addome con e senza mezzo di contrasto; PET total body; in alcuni casi, biopsia osteomidollare
Sulla base delle caratteristiche istologiche riscontrate alla biopsia, il LH può essere suddiviso in sottotipi con caratteristiche cliniche differenti:
– Linfoma di Hodgkin Classico (che si differenzia ulteriormente in: varietà sclerosi nodulare, il tipo più frequente, soprattutto nei giovani adulti; varietà cellularità mista, che si osserva nel 15-30% dei casi, soprattutto nei pazienti con un esordio ad età più avanzata; varietà a predominanza linfocitaria e varietà a deplezione linfocitaria, che sono più rare)
– Linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria nodulare: tende a crescere più lentamente
Cura e prognosi
Il LH è un tumore che può essere guarito nella maggior parte dei casi, a prescindere dal sottotipo.
I trattamenti si differenziano soprattutto in base allo stadio della malattia e alla presenza di masse bulky. I capisaldi della terapia del Linfoma di Hodgkin sono la polichemioterapia secondo schema ABVD (Adriamicina, Bleomicina, Vinblastina e Dacarbazina) che può essere associata in alcuni casi alla radioterapia mirata.
Il trattamento dei pazienti con malattia in stadio iniziale si basa sull’uso di un breve ciclo di chemioterapia ABVD seguito dalla radioterapia “involved-field”. Quest’ultima è un’evoluzione delle tecniche di radioterapia che tratta solo i linfonodi coinvolti, limitando il danno ai tessuti sani.
I pazienti con malattia in stadio avanzato (IIB, III e IV) sono trattati con cicli più lunghi di chemioterapia ABVD, mentre la radioterapia è riservata solo in alcuni casi (per esempio, in caso di masse tumorali molto estese alla diagnosi e definite bulky).
In una piccola percentuale dei casi, i pazienti con LH possono non rispondere alle cure, e quindi essere definiti refrattari o resistenti, oppure presentare una recidiva.
In questo caso, sono disponibili delle efficaci opzioni terapeutiche che, nel paziente giovane, includono la chemioterapia a dosi più elevate (il più utilizzato è lo schema IGEV) seguiti dalla raccolta di cellule staminali e la chemioterapia ad alte dosi (schema BEAM) con infusione di cellule staminali autologhe (il cosiddetto trapianto autologo).
Sia per il paziente giovane che quello più anziano, sono inoltre a disposizione altri potenti farmaci non chemioterapici che agiscono selettivamente sulle cellule tumorali (Brentuximab Vedotin) o potenziando l’azione delle cellule immunitarie contro il linfoma (Nivolumab, Pembrolizumab).
Il LH a predominanza linfocitaria si giova dell’associazione dell’anticorpo monoclonale Rituximab alla chemioterapia ABVD, data la frequente espressione in questo sottotipo della molecola CD20, che è il target selettivo del Rituximab.